Parafrasando il titolo di un famoso romanzo di Hans Fallada, inizio queste dolenti note riferite ai musicisti pavesi.
Finita l’estate, le feste della birra, le feste di piazza, i concerti benefici, i locali improvvisati su un’aia o su una spiaggia, inizia un inverno molto buio per chi cerca un posto in cui suonare davanti ad un pubblico.
A Pavia la situazione è al collasso totale: ormai resta un solo palcoscenico cittadino: quello di Spaziomusica e, con tutta la più buona volontà da parte dei gestori, non è possibile offrire più di una (massimo due, per alcuni) occasione per esibirsi.
Pensate forse che a Pavia non ci siano più musicisti?
Errore!
La città è piena di ragazzi che suonano (e anche bene) che hanno un assoluto bisogno di pubblico per verificare il loro sound, la loro musica, la bontà delle loro composizioni, per “crescere” (musicalmente parlando) anche a costo di scontrarsi con fischi e pubblici avversi.
Ma se se ne restano rinchiusi in una sala prove (ammesso che la trovino, ma -per fortuna ed iniziativa privata- ultimamente ne stanno sorgendo di nuove) a continuare a provare e non riescono mai a salire sul palco, sono destinati ad una fine ingloriosa.
E poi ci sono gli ex-ragazzi, quelli che suonano da una vita, che non hanno nessuna intenzione di mollare il mazzo e sgomitano come pazzi per avere anche loro un’opportunità di incontrare il loro pubblico.
Un dissennato desiderio di assoluta tranquillità da “in ciabatte davanti alla televisione…e che nessuno mi rompa le balle”, ha portato i cittadini pavesi (non certo contrastati dalle autorità locali) con la loro intolleranza a far sì che i locali chiudessero (o venissero chiusi).
Non basta l’iniziativa di Orquestra, che si danna l’anima a scovare locali in provincia e a convincere gestori demotivati a provare a far suonare dal vivo le nuove band. Ne tantomeno sono sufficienti i tentativi sporadici (e a volte maldestri) di trasformare piccoli bar in sale da concerto.
E allora?
Da anni (direi ormai decenni) sostengo la necessità di un impegno diretto della municipalità nel risolvere il problema dello spazio per i giovani e la musica a Pavia: non servono progetti faraonici (che svanirebbero nel nulla o sarebbero di difficile gestione), basterebbe un capannone attrezzato, in regola con le norme, senza inutili concessioni alla “forma”.
E, si badi bene, non sto facendo accuse all’attuale amministrazione (sono appena arrivati e sarebbero ancora in tempo a fare qualche cosa), ma a tutte quelle che l’hanno preceduta che di parole ne hanno spese tante, ma di fatti….pochi.
E poi di accuse ne faccio ai genitori di questi ragazzi che suonano e che vogliono divertirsi. Questi “nuovi grandi”, quelli che oggi contano in città, quelli che vogliono la pace e il silenzio, troppo presto si sono dimenticati di essere stati ragazzi anche loro (scusate la retorica); o forse lo sono stati ed erano tutti “indormenti e impabiati”?
Non credo proprio!
E poi vorrei che meditassero una volta per tutte su questo fatto: se di locali da musica o da ballo in città non ce ne sono più (e non se ne vogliono più), i loro figli sono costretti a percorrere chilometri per raggiungere quelli aperti in provincia; di notte, con il buio, spesso con la nebbia o il ghiaccio, quasi sempre rintronati (al ritorno) da tutto quello che comporta una nottata con gli amici.
Non vorrei essere cinico, ma poi non ci si deve disperare per gli incidenti.
Non si può avere “la botte piena e la moglie ubriaca” (anche questa è una figura retorica ma, quando ci vuole, ci vuole).
Meditate gente, meditate. |