145.000 originali, tra lastre e negativi, è il considerevole patrimonio che costituisce l'archivio fotografico Chiolini.
Guglielmo Chiolini (10/7/1900-7/7/1991), definito (a ragione, ci permettiamo di aggiungere) un "pavesissimo" "poeta della fotografia", iniziò a coltivare la sua passione per la fotografia a 16 anni, girando per le strade di Pavia alla ricerca degli angoli più suggestivi da fotografare.
Sin da ragazzo dimostrò di avere un'ottima capacità di osservazione e abilità nel comporre l'inquadratura dei soggetti, nonché una perfetta intuizione del valore delle luci e delle ombre, accompagnata da un profondo amore per la natura (egli stesso confessò in un'intervista di aver "spesso disertato l'impiego per inoltrarsi nelle campagne alla ricerca di poetiche inquadrature")... doti che, da autodidatta, lo portarono prima ad aprire uno studio fotografico (1926) e, in seguito, a diventare il fotografo "ufficiale" della città e un impareggiabile paesaggista.
Tra i numerosi successi, ricordiamo che le sue foto presero parte all'Esposizione di Londra (1921), che aveva una commissione organizzatrice presieduta dallo stesso Re Giorgio; che conquistò il primo premio alla Mostra Fotografica della Montagna (Busto Arsizio, 1950), che vedeva impegnati 454 espositori provenienti da tutto il mondo; che vinse il primo premio anche alla Mostra Internazionale della Leica per la categoria "Paesaggi e Colori" e che venne nominato Commendatore della Repubblica nel 1970.
Ma più che per i suoi riconoscimenti, Chiolini è ricordato e amato dai suoi concittadini per i suoi scatti che hanno immortalato avvenimenti e manifestazioni (tra cui Colonie Climatiche, il Duce
all'Idroscalo, il Duce e il Re al Castello, il federale Freudiani), fatti e personaggi dell'aneddotica popolare, degli anni tra le due guerre, dei momenti di vita cittadina che riportano alla memoria luoghi, storia e consuetudini di vita dei pavesi.
L'archivio Chiolini racchiude testimonianze preziose di Pavia: le più belle immagini dei monumenti cittadini, anche di quelli che non esistono più come il Ponte vecchio - che è stato fotografato anche nei drammatici bombardamenti del '44 -, le vedute precedenti agli scempi dei bombardamenti e delle ricostruzioni del dopoguerra e le fotografie dell'industria pavese, degli interni degli stabilimenti, degli operai e dei macchinari della Necchi e della Fivre-Magneti Marelli (per citare alcuni esempi).
Quasi tutte le aziende pavesi e della provincia, in effetti, commissionarono a Chiolini lavori di documentazione (cataloghi, interni degli stabilimenti, riproduzione di macchinari ecc.), che finirono per costituire un patrimonio di straordinaria importanza per la storia dell'industria pavese...
Probabilmente è questo uno dei motivi per cui, dopo aver visionato il materiale dell'Archivio Chiolini negli anni Ottanta, in funzione di alcune mostre, l'Ateneo pavese selezionò circa 5200 pezzi, le cui riproduzioni divennero parte del fondo fotografico dell'Istituto pavese per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea.
Quanto esposto evidenzia (almeno secondo il nostro parere) che l'archivio fotografico Chiolini è, e deve rimanere, parte integrante della nostra città, ma, allo stato attuale delle cose, rischia di non essere più così. In seguito all'esito di procedure legali, attualmente ancora in corso, l'archivio rischia infatti di essere messo all'asta, smembrato e trasferito altrove... una perdita che Pavia non si dovrebbe permettere. |