Sabato si svolgerà, presso il laboratorio teatrale Motoperpetuo Notte' di e con Maurizio Capisani, Sabrina Conte e Sonia Conte ed organizzato e prodotto dell'Associazione Culturale Aranda in Terranomade in collaborazione con un'altra associazione culturale del territorio: C Era di Vigevano.
II progetto "Notte", che compie in questi giorni un anno di vita e che nel giugno scorso (ancora nella fase di studio), ha ricevuto una menzione speciale al concorso teatrale milanese "Anna Pancirolli" per "Il lavoro di intersezione e di contaminazione tra i linguaggi della danza e del teatro, per la creazione di scene di grande impatto visivo e di suggestive tensioni simboliche", è stato ed è tuttora per i tre autori e protagonisti un importante percorso artistico nonché banco di prova sia per ciò che riguarda il lavoro di ricerca e di contaminazione tra linguaggi diversi (canto, danza, poesia per citarne alcuni) sia per quanto riguarda il lavoro sullo spazio e l'azione teatrale.
Spazio ed azione che trasformandosi raggiungono in alcuni istanti una dimensione quasi domestica, intima, perché molto spesso è in quei luoghi che si fa largo in noi una forma palpabile di pensiero, spaventoso, impossibile da tener nascosto dietro la maschera che rappresenta il nostro vero io.
Sonia, Sabrina e Maurizio si sono ispirati, per dare forma alla drammaturgia collettiva dello spettacolo, al "Pierrot Lunaire" ed alle sue liriche, manifesto musicale espressionista composto da Arnold Schoenberg nel 1912. Metafora di ciò che oggi l'uomo culturalmente (ma non solo) sta vivendo, le nere farfalle giganti di una delle poesie del simbolista belga Albert Giraud, ci avvolgono soffocandoci con le loro ali pesanti. II nostro ricordo è sempre più sbiadito, così come la memoria ed il nostro cuore ammalato. Nel buio, la strada da seguire è più difficile.
Nel buio, si deforma quella parte di realtà che la luce opaca del giorno, avido, ci consegna. Ma quale realtà? Quale è il confine da non oltrepassare per non cadere sottomessi a chi vuole imporre a tutti i costi il culto dell'esteriorità, della falsità, della finzione? Qual è il confine al di là del quale ci riduciamo ad apparire solamente come figure bidimensionali? È esso tracciato da una serie di simboli che oggi ci appaiono come prova di qualcosa di più grande o diverso dai simboli stessi? È forse il feroce piacere dell'orrore ciò che desideriamo più ardentemente? |