Titoli di testa bianco gotico su nero, leggero carrello avanti, mentre sfoca la scritta, fronde in controluce lunare, braccia scheletriche si stagliano su di un notturno cielo nuvoloso, una sottile pervasiva inquietudine, aiutata anche dal commento sonoro, ci accompagna "dentro" al film.
Morte del figlio di sette anni (per malattia?).
La comunità teme le creature innominabili (abitano il bosco, sono carnivore, hanno artigli lunghi ed affilati).
C'è un confine tra le due comunità, quella degli uomini, sembrano mormoni di fine ottocento.
Potrebbe essere un paradiso, un po' cupo ma da New England.
Linguaggio ricercato: il dolore è come i cani, è inutile nascondersi, sente il tuo odore e ti raggiunge.
Ci sono gesti che non facciamo perché non svelino alla gente quello che desideriamo...
Natura del desiderio e timore per il futuro, è il timore di rivelarsi che attanaglia questa comunità: paura del peccato genera il vero demone, quello della frustrazione.
La cieca vede il mondo anche se in modo differente.
La comunità ha belle case, begli abiti, vesti ed abitudini educate, quasi manierate, una vita semplice e piena, si autogovernano e non temono nel domani che l'arrivo delle creature.
Pranzi rituali in cui la comunità celebra il ringraziamento per il tempo che è stato loro concesso.
Brevi sequenze, molti piani molto ravvicinati.
Oscurità e luce, feste e grida versus urla e miseria.
Il giovane Lucius, che brama conoscere, tocca la mano della ragazza cieca, Ivy Walker, è più coraggioso del capo spirituale, del maestro della comunità.
La comunità avanza tutta insieme, dividersi vuol dire soccombere.
"Non mi preoccupo di cosa può capitare ma di cosa devo fare", ecco la soluzione giusta, la condotta semplicemente filosofica più semplice e geniale al tempo stesso.
La sedia a dondolo, lo scuoiamento, i segni rossi sulle porte, le bacche rosse, simboli significanti ma con quale significato?
Lucius avrebbe voluto aiutare gli altri, ora è lui ad avere bisogno. Il denaro può far diventare nero il cuore di chiunque. Nella comunità oltre il bosco non c'è quindi denaro, non ce n'è bisogno, una società semplice e pura può tirare avanti anche senza... ma pare che problemi più grandi in realtà, affliggano questa comunità di saggi...
"Ivy, fai del tuo meglio per non urlare" dice suo padre quando sta per aprire la porta della vecchia casa in cui non si deve entrare.. Eppoi si accendono le luci - noooo, proprio ora!-.
FINE PRIMO TEMPO
Le riunioni diventano più informali, dietro l'angolo di una casa in paese, anche se, per assurdo, le decisioni che vengono prese qui sono più importanti ed eccezionali.
Poi la rivelazione, ma solo dopo che i ragazzi in giallo hanno accompaganto per un tratto Ivy, eppoi, impauriti, l'hanno abbandonata alla sua sorte, al suo cammino.
Il rischio è giustificato da una retta causa, la protezione dell'innocenza, la speranza, la bellezza, il dolore è inevitabile, Ivy corre verso la speranza, la cecità guidata dall'amore, il mondo guidato dall'amore.
Il bosco coi suoi pericoli, la scena dell'inseguimento della bestia immonda è davvero semplice ed efficace, come ci piacerebbe vederne altre.
Sorpresa! Nella scatola c'è il motivo per cui la comunità esiste. Ritagli di giornale che se scoperti porterebbero allo svelamento dell'arcano, con conseguente scioglimento della società utopistica ma estremamente fragile. Se si sa che c'è un mondo fuori, brutto ma anche bello, perchè rimanere qui?
Un professore di storia per una società autosufficiente e coraggiosa ai limiti dell'autolesionismo però, vedi la cecità forse evitabile della protagonista se solo si fosse permessa una piccola eccezione all'isolamento.
Qualche piccola caduta nell'estrema volontà, un po' hollywoodiana, a dire il vero, a voler spiegare tutto: lo spazio aereo vietato sul bosco, il servizio di sorveglianza camuffato da protezione della riserva ecologica e finanziato coi soldi del padre ricchissimo di Edward Walker, la guida spirituale cui si deve l'idea della riserva...
Però sono difetti risibili rispetto alla bella unità del film. Compatto, efficace, raro e prezioso come un cameo d'altri tempi: si lascia la sala conservando negli occhi la dicotomia proposta, mai imposta, di sempre: comunità/civiltà come ordine e super-io, bosco contorto e pauroso come Es o Id o subconscio.
Ma c'è davvero scampo alla umana miseria? C'è davvero la possibilità di lasciarsi alle spalle dolore e frustrazioni?
Capiamo meglio le parole di uno degli anziani cui è morto di recente il figlio adolescente: "E' inutile scappare, il dolore ti verrà a cercare". Non per questo però è lecito gettare la spugna, arrendersi ancora prima di averci provato: "Non mi chiedo che cosa accadrà, ma che cosa devo fare io!" come dice Lucius.
E speriamo di essere in tanti a poterlo dire domani! |