Pensavo che, ormai, niente potesse stupirmi, sorprendermi; e invece…
Un giorno, passando davanti alla vetrina di una libreria, mi è parso di intravvedere il volto di un musicista; ho pensato che fosse uscito un suo nuovo CD. Così sono tornato sui miei passi e, scrutando tra i libri esposti, ho visto la faccia di Vincenzo Rende; ma non era un disco, era un libro!
Sono entrato e l’ho comperato subito: ma da quando il Rende scrive?
Un piccolo libro dalla veste grafica essenziale, copertina in bianco e nero, il titolo “Notturni” e, in basso, riportate le quantità di liquido e i gradi alcolici, come nelle bottiglie.
All’interno 33 liriche in cui si percepiscono chiaramente influenze o tracce di alcuni dei miei autori come Bukowski, Ginsberg e, in generale, gli scrittori della Beat Generation, tutti artisti dal temperamento "alcolico", duro, disincantato; proprio come “il Vince”.
Tutto mi sarei aspettato da quel burbero rokkettaro, storico chitarrista dei Long Horns, tranne che una raccolta di poesie in cui si mettesse a nudo completamente, molto più di quanto avesse mai pensato di fare.
L’ho letto con piacere (oltre che con stupore) e lo consiglio a quanti vogliano ritrovarvi, oltre alla notoria ruvida ironia, il nascosto sensibile e a volte sconcertantemente indifeso Vincenzo.
La prima delle quattro sezioni si chiama "Atomi"; generica, con componimenti a temi vari, abbinati a foto in bianco e nero. La seconda sezione, s'intitola "Presenze, Assenze", ed è dedicata alle persone che non ci sono più e a quelli che ancora ci sono, ma non più come una volta. La terza, dal titolo "Ah, more!" è quella riservata all'amore. Per ultime, le "Favole Punk", rivisitazioni a tratti brevissime di personaggi della letteratura e non solo.
Parole, dunque; ma io conosco Vincenzo da troppi anni e, inevitabilmente, mentre leggevo le composizioni, mi si formavano in testa delle musiche ad accompagnarle.
E’ inutile: chi vive immerso nella musica, finisce con il suonarla, inconsapevolmente, anche quando scrive. |