Non voglio ammorbarvi ancora con il Festival di Sanremo (giuro che è l’ultima volta!), ma questa cosa ve la devo raccontare, perché è troppo bella!
Questa mattina ero all’edicola e stavo comperando TV Sorrisi e Canzoni (che, ancora una volta dedica la copertina al Festival) quando, più o meno volontariamente, capto alle mie spalle il discorso tra due donne “in età”.
- “T’è vìst che han fatt una cansòn ch’as chiama Ninìn? A’ ghlò sempar in testa; la canto ai miei nipotini, i mè ninìn; l’è tanta bèla!”
Trasecolo un attimo: sapevo che la gente non ascolta o non fa molto caso al testo delle canzoni di Sanremo, ma mi sembra veramente eccessivo che si arrivi a scambiare la canzone di Carone e Dalla per una canzoncina da bambini!
Mi giro lentamente e mi rivolgo alla signora (una nonna, sicuramente).
- Mi scusi, signora - e lei mi guarda ancora sorridente, con gli occhi lucidi di chi, parlando e pensando ai suoi nipotini, si illumina d’immenso.
- Sì, mi dica -
- Ma lei… ha ascoltato bene la canzone che, tra parentesi, si chiama “Ninì” e non “Ninìn”?
- No, ma l’è istèss: Ninì… Ninìn… l’è la stèsa ròba!
- Sì, va beh, ma… Signora, si è resa conto che la canzone parla di un ragazzino che si è innamorato di una prostituta che “batte” in una strada di campagna?
Sembra di vedere un “fermo immagine”. La signora resta impietrita con l’espressione sorridente che, a poco a poco, si sgretola sino a divenire una maschera tragica. La mascella cala e la bocca si trasforma in una caverna scura da cui sembra non uscire nessun suono.
Poi le mani coprono il volto, si gira e si allontana recitando una sorta di litania “Oh Signùr… oh Signùr”.
Mi è venuto il classico “shciupòn”, ma mi sono trattenuto per rispetto.
Però dovevo assolutamente raccontarvela! |